09 marzo 2011

Tra un poco mi sveglio.
Ho lottato tra la sfinitura di un giorno che ha sulla groppa tutt’una vita intera -appena passata- e il bisogno di spegnermi senza, per forza di cose, resuscitare.
D’altronde non si può evitare
la trappola del vivere
o almeno, ogni tanto, un inciampo.
Solo chi cade può risorgere.
Solo chi canta può stonare.
E ognuno ha il suo pentagramma.
Malgrado tutto
comunque sia
il fatto non sta nel come ridestarsi.
Ma come rinunciare
a essere vigili
guardie sentinelle
testimoni complici
e pali
della rapina della vita
del furto di emozioni
della sottrazione del tempo
della corsa contro i minuti
in cui arriviamo sempre
secondi?
Dovremmo imparare
ad amare di più la notte
la vigilia di un altro giorno
la preparazione di qualcosa
la rincorsa
la semina
la veglia.
La coperta da scansare
per alzarsi
e affrontare l’aperto.
Da qui in poi si osservano
le istruzioni per l’uso.
Girarsi sul petto
piegare le gambe
e mettersi dritti.
E andare per prima cosa
quasi sempre verso il bagno.
Siccome si ricomincia
facciamolo da puliti.
Su questo siamo in vantaggio.
Pensate al sole
nuovo ogni volta
cosi grande e centrale.
Però mai una doccia
o una lavata di mani.
Per non dire della luna
che non è poi così candida.
Anzi sarà per il tempo che va
e perché ci sono
le polveri sottili
l’inquinamento e lo smog
ma a guardarla ben bene
è un po’ bianco sporco.

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