11 maggio 2011

Ho avuto giorni di poche parole.
Eppure ho parlato tanto.
Ho detto Buongiorno. Come stai?
Ci sentiamo più tardi.
Buon pomeriggio. Ciao.
Ci vediamo dopo.
Buonasera. Stai bene?
Buonanotte. Sogni d’oro.
In mezzo le parole
le tante parole
le stesse parole
di tutti.
La vita, la morte. Il tempo, le storie.
La gente, le cose. Il mondo, il lavoro.
La guerra, l’amore. L’odio, la pace.
Il bene, il male. Ieri, domani.
Insomma le frasi di sempre
con la bocca di oggi.
Ma nessuna parola da appuntare.
Da tenere da parte.
Da tramandare.
Sarà perché le parole scritte
sono figlie del silenzio
foglie dell’albero dei pensieri
oasi del deserto della meditazione.
Sono segni memorabili.
Le nevi rimaste a primavera
sui pendii montani.
Le nubi che imbrattano
il foglio del cielo.
Quando ti chiedi se
quelle nuvole sono
bestemmie di santi
o litanie di peccatori.
Dipende se stai sopra
o stai sotto.
O se stai sottosopra.
Le parole più belle
saltano su
senza troppa ragione.
Corrono via
come cavalli scossi.
Sono pezzi di cuore
e ci vuole coraggio
a lasciarle così
alla vista degli altri
anche quando ti fermi
e finisci la corsa.
Le parole – è incredibile –
sono le cose che indicano.
Scrivi “mano”
e vedi le dita, le unghie, le vene.
Oppure “bacio”
e senti labbra che si toccano
e magari anche il gusto.
O ancora “dolore”,
lo guardi, lo leggi
e quasi lo avverti.
Non sono altro che linee,
curve, tondini.
Ma hanno il codice
di ciò che significano.
Per questo le parole spaventano
e qualcuno le teme davvero
e molti altri portano loro rispetto,
devozione e fede
come a immagini arcane di dèi.
C’è poi invece chi le getta al vento,
soffiandole come meccanici respiri,
chi le spreca al tavolo verde
come fiches senza valore.
Chi le spara a mitraglia
come i botti di capodanno.
Le parole sono noi.
Le nostre gambe.
Le nostre rughe.
Le nostre battaglie.
Le nostre malattie.
Le parole sono le armi più potenti
che siano mai state inventate.
Le parole sono tutto.
Di più c’è solo la musica.
Stanotte ti scrivo di nuovo parole.
Visto che non posso suonarti qualcosa.
Visto che non puoi ascoltare
la mia serenata notturna.

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